Spartito per Clizia

Spartito per Clizia

 



Nel centenario della nascita di Silvano Martini (1923-1992, cofondatore e condirettore della rivista “Anterem”) ripubblichiamo in anastatica – comprendente la postfazione originaria di Frediano Sessi - la sua prima opera in prosa, Spartito per Clizía del 1986, con l'aggiunta di una scelta di poesie tratte da Mareale(1985), Esecuzione (1991) e Coromzride (1992). Il libro è impreziosito da una ricca appendice di testi inediti in volume. La vertigine della parola che Martini trasmette senza sosta in queste pagine è uno straordinario, irripetibile esempio della letteratura di ricerca del secondo Novecento: sequenze testuali prive di una frontiera collocabile o di un rintracciabile centro, sequenze che mettono in guardia contro le esche del “piacevole” a ogni costo, in nome di una grande libertà espressiva, come ha scritto Flavio Ermini.


Nello stratificato e complesso testo di Silvano Martini non si può che penetrareper gradi,attraversando una soglia paratestuale che è anche una bussola particolarmente densa di riferimenti e indicazioni di metodo e contenuto. La Clizia del titolo, come già rilevava Frediano Sessi in una “Nota critica” inclusa nella prima edizione Anterem del testo (1986), convoca immediatamente dalla tradizione letteraria, ab origine, la ninfa di Ovidio e il suo tragico amore per il dio del sole e, a seguire, l'omonima commedia di Machiavelli. E mentre vado alla ricerca di una definizione che sia calzante per le opere di Martini e il loro portato così profondamente innovativo (“non-romanzo”?, “romanzo assente”?, “romanzo liquido”?...), mi sovviene che “definire” è fermare, fissare, circo-scrivere, ovvero l`esatto contrario di quel vagare e aprirsi rizomatico tanto auspicato dal nostro autore.

Chiara Serani


Al poeta, potrebbe dire Martini, spetta il compito estremo di dare voce al farsi evento della lingua-inconscio, in cui appunto io e mondo vengono ad esistere nel profondo del vissuto tramite il linguaggio, quest”ultimo colto nel suo elemento sorgivo, desiderante, ante-rem, ossia prima che si irrigidisca in significato condivisibile. Per Martini dunque, e per la schiera di poeti che abbracciano questi presupposti, non si tratta di pronunciare la verità del vissuto secondo le gerarchie della comunicazione, filosoficamente riassumibili nelle categorie kantiane dell'intelletto (unità, molteplicità, totalità; realtà, negazione, limitazione; inerenza e sussistenza, causa ed effetto, reciprocità; possibilità-impossibilità, esistenza-inesistenza, necessità-contingenza), bensì di metterla in essere nella catena di significanti che la lingua-inconscio decide di portare nell”aperto della parola, in un'oscurità spiazzante per chi legge ma anche per chi scrive.

Stefano Guglielmin.


JAlbum 7.3